Non ho potuto resistere al richiamo della foresta del mio caro Risorgimento Nocerino dove ho scritto per cinquant’anni e Gigi mi ha ricevuto con entusiasmo ed amicizia. E mi ha detto “Fai quello che vuoi” e insieme abbiamo deciso facciamo “La Giara”.
Perché la giara?

Intanto perché è una cosa dove ci puoi mettere di tutto, com’è mia abitudine, con esclusione delle cretinate, ovviamente a mio giudizio, visto che, considerata la sacra libertà di opinione, altri potrebbero ritenere cretinate quelle che io ritengo di no, ma la cosa non mi tange e non mi cale in quanto, per abito professionale, mi sono abituato a rispettare le persone ma non le loro opinioni se penso che siano sbagliate. Altrimenti sarebbe impossibile il contraddittorio.
Perché la giara è la pronipote, sia pure degenere e invillanita, dei nobili vasi che accompagnarono i navigatori elleni a colonizzare la Magna Grecia, rendendo loro possibili più lunghe traversate marine grazie alle provviste di carne salata, pesce essiccato, frutta, grano, semi, vino, tutto ben conservato nei capaci ventri rotondi su cui con stupende figurazioni rosse nere ed ocra illustravano anche storie di eroi e di dei, diffondendo tecne, arte, cultura e bellezza lungo le coste del Mediterraneo,  insegnandole ai siculi ai latini e agli etruschi. Ne conserviamo tracce anche qui da noi.
E poi per il richiamo a quel racconto pirandelliano indove un tipo resta intrappolato dentro a un’enorme giara, che rappresenta significa e simboleggia la cattività dell’individuo, agli albori della società di massa, ben antivista da Pirandello, dentro le convenzioni i pregiudizi le credenze i luoghi comuni le etichettature le opinioni correnti il conservatorismo i mass media la pubblicità i sistemi economici che lo attanagliano e lo condizionano, a volte senza che se ne accorga, carcere nel quale o si adatta, studiandosi addirittura di trarne profitto, come quello che pretendeva la patente di iettatore, o può liberarsene solo frantumando, spaccando l’involucro a suon di martellate, con l’esito quasi certo di soccombere.
Tanto premesso, come dicono gli avvocati, nessuno si aspetti di sentirmi parlare di consigli comunali, di faziosità politiche, di partiti e partitine, di visibilità, di eventi, di politicamente corretto, di solidarietà, di strada killer, di trecentosessanta gradi, di mirino ed altre consimili frasi fatte ed espressioni cronachistiche e giornalistiche che mi fanno inorridire.
Scriverò non so di che cosa, di quel che mi verrà in testa, ma certo di cose per le quali valga la pena di impegnare la penna, anzi il computer, e la mente mia ed altrui.
Arrivederci e grazie! 

Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione

Lascia un commento