A Nocera Inferiore la biblioteca comunale, al corso Vittorio Emanuele, ospiterà dalle 18:00 un convegno che ricorderà i terribili eventi di quei giorni, che provocarono danni per oltre 50 miliardi di lire dell’epoca e la morte di ben 316 persone
di Giulio Caso
Due convegni in un giorno solo, per ricordare i sessant’anni dalla tragica alluvione di Salerno del 25 e 26 ottobre 1954. Il primo si terrà a Salerno il 24 e 25, organizzato dall’Ordine dei Geologi e ad essi riservato; il secondo il 24 a Nocera Inferiore, nei locali della biblioteca comunale, con inizio alle ore 18:00, e destinato principalmente al pubblico.
Come ha fatto sapere Francesco Peduto, presidente regionale dell’Ordine campano dei Geologi, nel fare i suoi complimenti all’evento nocerino, «Le iniziative non si sovrappongono e sono rivolte ad un pubblico diverso».
L’alluvione di Salerno del 25 e 26 ottobre 1954 fu uno dei più grandi disastri naturali del XX secolo. Causò la morte di 316 persone e il ferimento di altre 250. Credo che, ancora oggi, debbano essere approfondite le caratterizzazioni idrologiche e pluviometriche, oltre che gli aspetti geologici dell’evento.
Nei giorni precedenti c’era una depressione al centro Italia che spostandosi verso Est causò lo spostamento, a sua volta, di masse di aria umida, queste, rallentate dagli Appennini furono spinte in quota da un fronte freddo Mediterraneo con conseguente rapida, ma ancora moderata, precipitazione, ad iniziare dalle ore 13, sui Monti Lattari. Solo in serata le precipitazioni divennero intense, assumendo carattere di nubifragio fra le 20 e le 24, e continuando a piovere fino al mattino. I valori dell’altezza di pioggia, in mm, misurati il giorno dopo, 26 ottobre, furono: Agerola 65 – Amalfi 82 – Ravello 141 – Cava dei Tirreni 384 /540 – Salerno 320/504 – Nocera 13,5 – Maiori 115. Alcune divergenze nei valori sono ancora oggetto di controversie scientifiche.
E’ plausibile attribuire come concausa delle numerose frane, il disboscamento eccessivo avvenuto precedentemente, ma la causa primaria fu l’abbondante precipitazione. Gli effetti disastrosi furono dovuto anche all’orografia con elevate pendenze dei torrenti; infatti quasi tutti trasportarono a valle fango ed acqua. Furono colpite le città di Vietri sul Mare, Cava dei Tirreni, Maiori, Minori, Tramonti, e soprattutto Salerno, con vittime e danni per oltre 50 miliardi di lire. Crollarono ponti e furono distrutte case, strade, ferrovie. Furono spazzati via interi villaggi come quello di Molina di Vietri, assieme al suo ponte monumentale dell’acquedotto denominato “Ponte del Diavolo”. Fra i torrenti più impetuosi ci furono il Bonea (da Cava dei Tirreni), che trascinando una enorme massa di fango, detriti ed alberi distrusse Molina; il torrente Reginna che danneggiò le borgate di Maiori ed il centro storico, erodendo le fondamenta dei palazzi con crolli delle facciate (37 morti); il Fusandola (a Salerno), ingrossato a causa delle frane dal San Liberatore, travolse tutto ciò che incontrò sulla strada causando la morte di 41 persone a Canalone (chiamato così, appunto, perché ivi il torrente s’incunea nel terreno divenendo canale). Contemporaneamente, nel centro storico il Rafastia, che scorre al di sotto del manto stradale, s’ingrossò al punto da spaccare la strada (via Velia). Si creò nella zona un’enorme marea di fango, che corse in discesa per molti metri, distruggendo tutto ciò che si trovava davanti, fino a fermare la sua corsa davanti alla chiesa dell’Annunziata. Qui, i soccorritori videro uno spettacolo terrificante: un enorme ammasso di fango, alto fino alle insegne dei negozi, conteneva masserizie di ogni tipo e purtroppo numerosi cadaveri e così dappertutto nei vari paesi. I soccorsi, inizialmente lenti e poco attrezzati ed organizzati (non esisteva alcuna protezione civile), poco poterono, per i diecimila sfollati. Ciò nonostante le forze di polizia, i vigili del fuoco, i carabinieri, si prodigarono come poterono con esempi lodevoli. Il ritrovamento del piccolo Mario Caputo, di quindici mesi, vivo e in buone condizioni di salute, ben tre giorni dopo l’alluvione, all’interno della sua culla, che galleggiava in una pozza d’acqua, destò nuova speranza nella rinascita di quegli sfortunati paesi.