L’occupazione femminile è in vertiginoso calo: i contratti atipici cessano con l’arrivo della maternità, gli asili privati costano e quelli pubblici scarseggiano o sono pieni. E’ sempre più difficile fare figli, e pochi sembrano prestare attenzione alla cosa

di Maria Rosaria Mandiello

Cuore in gola, telefonino a porta di mano, orologio sotto gli occhi. Sono le mamme di oggi. Acrobate e guerriere. E’ la resistenza delle mamme italiane.

Numerosi gli ostacoli che le giovani madri italiane incontrano nel costruire un perfetto equilibrio tra lavoro, famiglia, figli e se stesse. Insomma, l’Italia non è un paese per donne. Eppure malgrado tutto, le donne italiane fanno figli. Li fanno dividendosi tra lavori di ogni tipo, fra fatture non pagate, eppure loro sono quelle che per prime pagano in tempo le tate, le colf (chi può permetterselo), gli asili nido, le mense scolastiche, i prezzi stellari di latte, pannolini e beni di prima necessità. Le donne italiane partoriscono i loro bambini incastrando la loro vita, quella di un compagno, un marito, un’amica, con le attività di un figlio. Con le sveglie notturne, con le telefonate che arrivano puntualmente nei momenti meno opportuni. Mentre, lo Stato le lascia sole.

“Cosa farò ma soprattutto come farò dopo la gravidanza?” E’ la domanda che si pone Anna, 33 anni ed un bimbo in arrivo. Il suo contratto a termine scadrà a Novembre, da qualche settimana è in maternità, prima del previsto, su gentile richiesta del suo datore di lavoro. Il suo contratto non sarà rinnovato. Ed Anna tra biberon, corredino e la gioia dell’arrivo cerca un nuovo impiego. La sua corsa a ostacoli verso l’indipendenza inizia presto. Dopo il diploma, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza. Poi molla tutto, esce di casa, cerca un lavoro, lo trova in Spagna e va a vivere da sola. Colleziona una serie di esperienze lavorative nel campo turistico, torna in Italia, per poi ripartire alla volta dell’Inghilterra, dove in tre anni impara bene l’inglese. Ritorna in Italia per laurearsi. Forte dell’esperienza estera e scoraggiata dalle poche possibilità italiane, molla tutto e si trasferisce in Egitto. Lì incontra l’amore della sua vita, un giovane architetto italiano. La nostalgia di casa li riporta in Italia. Anna trova un lavoro in una catena di alberghi, occupandosi del ricevimento della clientela, il suo compagno dovrà accontentarsi di un lavoro da barista. Ed oggi l’unica entrata è quella del suo compagno, barista della capitale, che pur lavorando di notte arriva a guadagnare 900 euro mensili. Paradosso tutto italiano: la neo famiglia, pur avendo un reddito molto basso, non avrà diritto a un posto al nido, perché secondo il comune di Roma, dove la coppia vive, il massimo del punteggio è assegnato a quei bambini i cui entrambi genitori lavorano, mentre considera disoccupati e in cerca di lavoro alla pari.

Anna, come Cristina, Marina e tante altre donne, ma soprattutto mamme. Nel nostro paese seguire un desiderio tanto normale quanto fondamentale nella vita di una donna: mettere al mondo un figlio, diventa una battaglia, da dover condurre contro i pregiudizi ma anche i mille ostacoli. La prima insormontabile barriera, oggi più di un tempo, è quella del lavoro, sempre meno e sempre più a termine. A riportarlo è anche un recente rapporto Istat del 2014, a tenere duro è il lavoro delle “over 50”, mentre, il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 49 anni, è sceso, specie se si parla di mamme immigrate. Il dato sconcertate che racconta come in Italia non siano state attuate le politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia è nei numeri che riportano l’aumento delle donne che non lavorano a due anni dal parto. Restare a casa un lusso per poche. Un solo reddito-lì dove c’è-non basta, soprattutto a causa dei servizi spesso totalmente assenti e costringono a ricorrere al mercato. In primo luogo, gli asili nido, fondamentali per le madri ma anche per i più piccoli. Il nido pubblico è ormai un miraggio, specie al Sud, dove i nidi non godono di copertura finanziaria da parte dei comuni e la scelta ricade per molte famiglie-lì dove c’è la possibilità-sul nido privato. E poi ci sono i costi della babysitter, quando un bambino si ammala o nel periodo estivo. Così, la vita quotidiana delle madri diventa un faticoso equilibrio, reso possibile solo dalla scelta del part-time o il ricorso all’aiuto fornito dai nonni, una vera risorsa per molte famiglie.

Nella retorica italiana restano sempre più culle vuote e molte donne, forzatamente, rinunciano al desiderio della maternità, reso impossibile in una società che ha dimenticato le politiche sociali a favore della nascita e crescita dei bambini.  

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