Continuano le avventure della nocerina emigrata al Nord. La scoperta di un mondo totalmente diverso di celebrare le ricorrenze sembra metterla in difficoltà, ma la nostra eroina riesce a trasformare l’handicap in un vantaggio
di Patrizia Sereno
Non c’è niente di più vero: paese che vai, usanze che trovi. Provare per credere. L’aula era assolata stamattina quando – come faccio di solito – ho aspettato l’ingresso dei miei ragazzi al suono della seconda campanella in piedi accanto alla finestra, a godere del verde ordinato e curato che circonda la scuola. La prima campanella segna l’ingresso, la seconda dà ai ragazzi il tempo di passare per la segreteria, dove depositano il telefono cellulare quelli che hanno avuto una dispensa speciale su richiesta dei genitori perché – in genere – viaggiano coi mezzi pubblici. Ancora una volta la mia … fonte di ispirazione sei stato tu, G., primo banco, siciliano che più siciliano non si può, ma solo nell’accento. Perché il resto è di ceppo squisitamente normanno: occhi azzurri e capelli chiari. Ho guardato il calendario e mi è venuto spontaneo farti gli auguri. Mi hai guardato con un misto di stupore e disorientamento. «Perché prof? Non è il mio compleanno».
Compleanno no, rispondo io, è il tuo onomastico. A quel punto lo stupore ha contagiato tutti gli altri. «Onomastico? Perché si festeggia? Qui a Legnano?».
Oh oh! Ecco qua. Ho toppato! Ma no! Perché non spiegare come si usa da noi. «Ragazzi, dalle mie parti certe volte l’onomastico è addirittura più importante del compleanno. Soprattutto quando ad essere tirati in ballo sono nomi importanti e conosciuti: San Giovanni, Sant’Antonio, San Francesco San Luigi, San Nicola, San Vincenzo, San Gennaro».
D’altra parte, nella mia vita precedente (ah ah ah, quasi quasi mi sento reincarnata), a Telenuova, mi capitava anche di curare il meteo. E mi piaceva citare il santo del giorno, indicato dopo opportuna ricerca, s’intende.
Punto dritto a G. stranita per il fatto che –in questo caso – la nostra comune meridionalità non abbia la consueta corrispondenza. «Ma da te non si usa celebrare l’onomastico?», chiedo non arrendendomi. «Prof, per la verità non sapevo neanche che fosse oggi!».
Confesso: un pochino ci resto male. Ma la delusione dura poco: colgo l’occasione che mi si presenta come un inatteso assist ed introduco la mia passione per l’agiografia. A segno! Sono incuriositi. Non posso distrarmi ora. E’ l’occasione giusta per introdurre – molto ad ampio raggio visto che è il primo approccio – alcuni personaggi chiave di Neoclassicismo e Romanticismo, le “illusioni” di foscoliana memoria, la Divina Provvidenza di manzoniana matrice. Un volo che, attraverso la incommensurabile fiducia nella ragione degli illuministi, evolve in quei canoni che sono l’esaltazione dell’individualismo, i sentimenti interiori, l’immaginazione, il sogno e, perché no, la religiosità o fede che dir si voglia.
Meno male. Quelle di oggi rischiava di trasformarsi in un’occasione perduta.
Poco prima del suo della campanella che mi congeda dalla classe a più voci mi sento dire: «Peccato che qui non festeggiamo gli onomastici. Sarebbe stata l’occasione per un regalo in più».
Caspiterina, che lezione hanno elaborato i miei ragazzi!