Diario semiserio di una giornalista catapultata a Legnano per lavoro, tra farmacisti antagonisti e insospettabili parenti di don Benedetto
di Patrizia Sereno
Ha cambiato la sua denominazione. Ha mutato le sue caratteristiche. Probabilmente ha assunto una formulazione completamente diversa da quella di un tempo. Eppure c’è, esiste, è reale e tangibile. “Questione meridionale”: non l’argomento di uno dei tanti libri di storia così poco amati da alcuni.
Eccola, la vedo. E’ negli occhi di G, studente al primo banco, arrivato fresco fresco dalla Sicilia. Con quell’accento che sa di sole e di mare, di cannoli, cassate e granite… che ricorda i personaggi di Camilleri, ma anche eroi reali, eroi del nostri tempo immolati sul totem dell’anti-Stato… eccoti raccontare come sei arrivato qui, in Lombardia! Il lavoro ha separato la tua famiglia. Il lavoro ha separato anche la mia. In questo nostro essere parimenti meridionali ti guardo non solo con gli occhi della “prof”, ma con quelli dalla madre e della moglie che – come è accaduto anche nel tuo caso – ha dovuto fare una scelta dolorosa: per lavoro lasciare l’amata “Terronia” per il Nord, per lavoro portare su una parte di famiglia e lasciare giù l’altra, per lavoro condannarsi alla nostalgia…
Eccoci, io e te, ma anche tanti altri “meridionali” di tutti i Sud del mondo: congolesi, peruviani, turchi, cinesi… Improvvisamente sradicati dal paese d’origine e fiondati a Legnano! Nebbia e freddo? Macché! Neanche quelli meteorologici. Colleghi di scuola ben disposti; agenti immobiliari diventati tuoi amici; vicini di casa che ti hanno offerto da subito un sorriso e un “se ha bisogno, sono al piano sopra di lei!”; la padrona dell’appartamento dolce e gentile che ti chiama più volte per sapere del tuo piccino e del suo adattamento, che ti fa trovare in casa tutto lindo e pinto, avendo l’accortenza di lasciarti finanche biancheria e stoviglie; commercianti pronti a scherzare con le rivalità ataviche che magari contrappongono il tuo paese di nascita al vicino centro-cugino.
Entro in farmacia. Devo acquistare dei farmaci per il piccolino. «Fa lo scarico fiscale?». Tiro fuori la tessera sanitaria. «’A capa nun è bon!», mi sento dire con uno spiccato accento settentrionale. Mi sorride il farmacista che aggiunge, strizzandomi l’occhio: «Anche io e lei, prof, siamo “antagonisti”: io di cognome faccio Pagano!». Che tipo! Che forza! Il caso, penso tra me e me. Forse…non solo. Faccio per portare Vinny a fare un giro (che splendide, assolate giornate ci sta regalando settembre. Ci siamo portati dietro – e non solo nel cuore – un po’ del nostro sole da manuale), quando mi ferma un’anziana signora nell’atrio del palazzo dove ho preso casa. «Ma lei è quella nuova? Quella del secondo piano? Ma è vero che viene da Nocera? Inferiore o Superiore?» Un tuffo al cuore. «Inferiore», sussurro. «Conosce?» chiedo. «Ma certo che si! Sono di Pontecagnano. E a Nocera Inferiore c’è un mio cugino sacerdote. Siamo cresciuti insieme? La ve di salutarmelo quando va giù? Si chiama Benedetto, don Benedetto». Il caso? Ma non diciamocelo più. Piccole grandi tessere della nuova… “questione meridionale”.