Anche uno dei piatti più semplici ed alla portata di tutti può diventare occasione per una coppia di coniugi per trovare, complice un disco che piace ad entrambi, un po’ di romanticismo e il ricordo di tempi passati

E’ inutile suonare: qui non vi aprirà nessuno. Bella, quella vecchia canzone. Ce l’ho in mente da stamattina alle cinque, quando ho accompagnato i miei figli alla partenza per il campo scout.

Quest’anno sono via tutti e tre.
Sono secoli che io e mia moglie non ci concediamo il lusso di ritornare a letto dopo colazione. Soli. La pelle come un vestito.
Peccato che il telefono non si possa davvero buttare giù dal quarto piano. Potrebbero sempre chiamare i ragazzi. Ma c’è la segreteria inserita, e se per caso è il carrozziere, la suocera o l’amministratore del condominio, Non siamo in casa lasciate un messaggio, plin. Magari ci registro su la canzone di Celentano, se ritrovo il disco, E’ inutile chiamare: non risponderà nessuno.
Sono le dodici e mezzo di una giornata radiosa, e mia moglie dorme ancora. Se lo merita. Lavora duramente, è una casalinga. Ha studi e titoli ma ha scelto di vivere così, dedicandosi alla famiglia. E lo fa alla grande, pensa a tutto. Segue i ragazzi, la casa, le scartoffie burocratiche, l’economia domestica. Tiene i rapporti con amici e parenti. Amare è un lavoro a tempo pieno.

Non si rende abbastanza giustizia alle donne come lei. I media le trattano da cretine. Le lavoratrici le guardano dall’alto in basso come resti di un passato imbarazzante – e magari è tutta invidia. Tutto e tutti le invitano a tuffarsi nel circuito produttivo, per “realizzarsi”.
Non so. Io credo che lei sia capace di ogni cosa, anche di far quadrare il cerchio e dividersi su più fronti, come e meglio delle altre, ma per me è perfetta così.
Ha l’aspetto di una ragazza, e cucina meravigliosamente. Adora ballare. Legge tanto, ha libri sparsi ovunque. La sua conversazione è sempre interessante. Grazie a lei la nostra vita è serena, ha ritmi e tempi umani.
Ho trovato il disco. Ora lo metto su. Un po’ vecchiotto, come lo stereo. Una cosa non mi va di quella canzone, ed è quando dice, mangiando un panino in due. Che panino? Io ho fame. E poi, a me non piacciono le briciole nel letto. Ora apparecchio una bella tavola, così. E per pranzo, la frittata dell’amore. Cucino io. Due uova a testa, quattro, e un cucchiaio di pan grattato per uovo, più uno, cinque… La faccio ad occhi chiusi, va’. Me l’ha insegnata la mamma. Era il mio premio per un bel voto o un goal, il mio incoraggiamento per un esame, la mia consolazione per un fiasco… Ci vuole una bella grattata di parmigiano, tanto, da far mucchietto, e se fosse pecorino sarebbe meglio, ma questo passa il convento. Sale, pepe e un pizzichino di bicarbonato, per farla gonfiare ma non troppo, non si deve sentirne il sapore. Una manciata di foglioline di menta dal nostro vaso sul davanzale, qualche foglia di prezzemolo e un filo di latte, quanto basta per amalgamare e ottenere un composto denso, cremoso, non liquido. La padella va unta con abbondante olio d’oliva e il composto va versato a freddo, pareggiato col cucchiaio, e messo a cuocere a fuoco bassissimo.

Non c’è fretta. Sento rumore d’acqua. Mia moglie ha appena aperto la doccia. Intanto, tiro fuori i vasetti di sottolii fatti in casa, carciofini, pomodori secchi, melanzane, da accompagnare alla frittata. Così si usa dalle parti di mia madre, Salento, provincia di Lecce, dove quasi ogni casa ha ancora la sua scorta di barattoli casalinghi. Intorno al composto l’olio scaldato comincia a schiumeggiare. La frittata dell’amore si gonfia lentamente. Messa in una padella media, dovrebbe venire di un certo spessore, così da potersi anche tagliare in mezzo, e farcire di prosciutto, formaggio, tonno… Vediamo un po’ cosa abbiamo noi. Salame piccante. Perfetto. Ora stappo un vinello rosso.
Mentre agito la padella per aiutare la frittata a staccarsi dal fondo, il disco gracchia e salta, il telefono trilla, e mia moglie mi grida qualcosa dal bagno. Un attimo! Eh, no. Non fatemi correre il rischio di bruciarla. Faccio svicolare quel sole dorato su un piatto e, con un colpo secco, capovolgo il piatto di nuovo sulla padella. Girata. Vedo mia moglie in accappatoio sfrecciare risentita verso il telefono. Troppo tardi. Nel sottofondo incantato della canzone, lapellecomeunlapellecomeunlapellcomeun… una voce sgraziata incide sulla segreteria il seguente messaggio: sono Ruoppolo, del terzo piano, ho infiltrazioni nel bagno dal vostro appartamento, sta colando proprio ora, so che siete in casa, sento la musica, rispondete, è urgente, per favore.
‘Si è rotto un tubo’ – dice mia moglie, esitando un attimo prima di alzare la cornetta.
Servo il pasto – quel “ti amo” dorato fuori, giallo e soffice dentro, caldo e profumato di menta – a una donna bellissima, coi capelli ancora bagnati, le pagine gialle e il telefono in mano, che cerca disperatamente un idraulico il sabato all’ora di pranzo.

Rosario D’Antuono

 

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