Ne abbiamo parlato, in questi giorni, grazie all’articolo dell’amico Santolo Cannavale: in Italia è piena deflazione.
Per gli economisti la discesa dei prezzi è una sorta di piaga biblica, per la massaia (ma esiste ancora?) il sapere che con i mille euro che la famiglia racimola ogni mese può comprare qualcosa in più sarebbe invece una manna. Chi ha ragione?
A me piacerebbe tanto tornare all’economia reale, piuttosto che restare in quella finanziaria che tanti danni sta portando. Cosa sono l’una e l’altra? E’ presto detto:
Per economia reale si intende l’ambito della vita economica direttamente collegato alla produzione e alla distribuzione di beni e servizi. Si contrappone all’economia finanziaria, che non produce nulla ma sembra essere divenuta essenziale per il reperimento dei capitali necessari al buon funzionamento di un’attività economica ‘reale’. (Nicola Loda, Paginauno n. 12, aprile – maggio 2009) |
E’ stato interessante leggere su “Il Sole 24 ore” dello scorso 20 luglio scorso che il ritorno all’economia reale “ È il tema più forte del programma di Jean-Claude Juncker al quale sono dedicati i suoi primi 5 settori strategici dove enfasi e silenzi dicono molto su quali JCJ (Jean-Claude Juncker) consideri sue competenze e le sue priorità. Le politiche per l’economia reale e per il loro finanziamento sia a livello comunitario che a livello nazionale sono il fulcro per il rilancio della crescita e dell’occupazione. Si tratta degli investimenti in sistemi di infrastrutture integrate (digitale e banda larga, energie, trasporti, tecnoscienza) con un potenziamento dei finanziamenti sia con un uso più efficiente ed efficace del bilancio comunitario sia tramite la Bei e il partenariato pubblico-privato, sia con nuovi strumenti finanziari per le imprese. JCJ si impegna a presentare entro tre mesi un programma che mobiliti 300 miliardi di investimenti in tre anni. Si creerebbero così dei mercati integrati infrastrutturalmente e una maggiore competitività specie per l’industria che per JCJ deve puntare al 20% del Pil della Ue. Per fa si che di questa strategia di crescita reale beneficino anche le Pmi, che danno l’85% degli occupati nella Ue, JCJ si impegna anche ad una semplificazione radicale delle norme europee auspicando una ricaduta su quelle nazionali”.
Per scendere a un linguaggio più terreno e immediato: se le economie smettessero di misurare le ipotesi di stabilità economica del mondo dell’impresa sulla base del fatto che Marchionne possa svegliarsi la mattina con il mal di testa sarebbe decisamente meglio. Se un’azienda venisse valutata in borsa per la qualità e l’affidabilità dei suoi prodotti piuttosto che per altre fantasiose motivazioni ne avremmo una valutazione reale. Così come se prima di far crescere il valore di un’azienda per un nuovo prodotto ne aspettassimo il suo effettivo successo ne avremmo una valutazione più legata al reale potenziale.
Vi ricordate quando l’obiettivo fisso delle aziende produttrici era dare sicurezza ai clienti, con slogan tipo “Zoppas li fa e nessuno li distrugge“? Credo che oggi questa sia archeologia industriale: oggi, con rarissime eccezioni, è diffusa la filosofia che bisogna realizzare prodotti “a tempo”, che diventino presto antiquati (telefonini, computer e simili) o che abbiano una vita limitata.
Rifiutate i messaggi pubblicitari, non seguite le mode, non vi affannate ad avere sempre il telefonino all’ultimo grido o a fare le vacanze in quella certa spiaggia “in” anche se non è alla vostra attuale portata. Vi sentirete, dopo un po’ di necessaria disintossicazione, stranamente meglio. E dopo un po’ inizierete a valutare come tante delle abitudini che avevate tutto sommato non erano indispensabili per vivere… Un po’ come quando si smette di fumare: quella sigaretta senza la quale non potevate digerire, o non potevate lavorare, vi rendete conto non vi serviva affatto. Ma non voglio influenzarvi. Provate, e poi se vi va condividere le vostre considerazioni