«Siamo solo 1 a 1». Ventre cerca di minimizzare così la decisione di palazzo Spada. «Ad ottobre tutto tornerà al Tar, e per quella data ci sarà bisogno di ogni energia politica ed economica per non soccombere definitivamente»

di Maria Barbagallo

«Non è una sconfitta: siamo semplicemente 1 ad 1». Emiddio Ventre, presidente del Comitato “No Vasche“, commenta così , con una metafora calcistica, l’infausta decisione del Consiglio di Stato che si è pronunciato sull’interruzione del progetto Grande Sarno. «E’ stata accolta la richiesta della Regione Campania – spiega il professor Ventre – quindi è stata annullata la sospensiva vigente del Tar Campania emessa il 13 marzo 2014. Non conosciamo ancora le motivazione, ma la Regione in udienza ha battuto molto sulla perdita dei finanziamenti, forse ignorando le conseguenze sulla salute della popolazione. Dobbiamo aspettare la discussione nel merito davanti al Tar Campania prevista per ottobre. Nel frattempo forse la Regione andrà avanti con l’approvazione del progetto definitivo.
Aspettiamo di conoscere le motivazione della sentenza per individuare le giuste strategie da adottare nel prosieguo della battaglia».
Ventre poi lancia un appello accorato che riguarda anche i costi economici di questa lotta nell’interesse della salute della popolazione: «Adesso dobbiamo unire le nostre forze e metterci tutti insieme, da Montoro a Castellammare. Servono risorse economiche e professionali. La nostra motivazione è sola una: “il fiume è inquinato”, soprattutto quando piove perché si scarica illegalmente di tutto, e questo tutto non può finire in 96 ettari di terreno, in quanto le vasche rappresenterebbero la fonte di infiltrazione di metalli pesanti nella nostre falde. Giova ricordare che solo a 500 metri dai 23 ettari di vasche da realizzare a Nocera Inferiore, esiste il campo pozzi San Mauro, che preleva 400 litri di acqua al secondo, e la sorgente Santa Marina dalla quale si attingono 500 litri di acqua al secondo: tutta acqua destinata all’acquedotto dell’ATO Agro Nocerino vesuviano. Sembra inutile aggiungere che di questi fattori non si è tenuto conto nella Valutazione d’impatto Ambientale. Tutti devono fare la loro parte – continua il presidente – cittadini e i politici che credono ancora nella difesa della salute e del territorio. Il merito della questione per noi è “ambientale” per loro è “economica”. Siamo su due rotte opposte. Ma sicuramente le due cose possono collimare: dei 217 milioni di euro che si andranno a spendere oltre il 70 per cento è destinato al movimento terra per creare 96 ettari di invasi (vasche) per contenere le piene del corso d’acqua. Ebbene, in Italia né il Pò, né il Tevere, hanno delle aree di espansione del genere. Peraltro non hanno lo stesso grado d’inquinamento dei nostri fiumi e non hanno delle falde acquifere affioranti, dove è automatico il contatto tra inquinati e acqua destinata all’acquedotto e all’agricoltura. Noi vogliamo: il rifacimento degli argini che per lo più sono di origine borbonica; il dragaggio del letto del fiume, in quanto in alcuni tratti esso si è alzato di alcuni metri per l’accumulo dei sedimenti mai rimossi; l’ampliamento del medesimo letto che in alcuni tratti è ampio appena 3 metri. Non vogliamo opere di cui non si sa di chi sarà l’onere della manutenzione. Abbiamo l’esempio della vasca di Cicalesi: per ripulirla, dopo 10 anni, è stata fatta una gara da 5,4 milioni di euro (1,8 milioni per ettaro). Rapportando il tutto ai 96 ettari di vasche che si andranno a creare tra 10 anni, non si sa chi, dovrà spendere 172 milioni per la pulizia. A tal proposito si ricorda che c’è un’ inchiesta per la mancata pulizia delle vasche pedemontane realizzate a seguito dell’alluvione di Sarno.
La nostra battaglia continua, certi di fare questo, solo per il bene dei nostri figli».

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