Lucia Del Gaudio, nocerina di “importazione”, commenta con noi l’insperato successo del gruppo cui ha dato vita nei giorni scorsi su Facebook, che al momento ha ben 2.538 aderenti che stanno dando vita a un inedito “Nocera amarcord”
di Gigi Di Mauro
Si chiama Lucia Del Gaudio ed è una nocerina “importata” la creatrice del gruppo su facebook che in questi giorni sta generando un numero sempre più alto di iscritti e di “post”, come si chiamano in gergo tecnico i messaggi e le foto lasciati sulla bacheca del gruppo.
“Sei di Nocera Inferiore se ricordi …” è il nome del gruppo, ed attualmente, partendo dal 3 febbraio come data di nascita, sono già ben 2.538 i nocerini, residenti e non, che si scambiano quasi ininterrottamente nel corso della giornata foto e ricordi di una città che – per alcuni versi – è impossibile far rivivere così com’era.
Lucia, che attualmente vive a Cassano d’Adda, in provincia di Milano, ed è ancora lontana dal traguardo dei 50 anni, ha vissuto a Nocera dal 1977 al 1991, prima di spostarsi per lavoro, ma ha ancora solide radici nella città di Nofi perché tutt’ora vi vive la mamma. Ed evidentemente il suo cuore è rimasto tutto qui.
«Mio padre – ci spiega Lucia – era di Casola di Napoli, ma ha vissuto a Castel San Giorgio. Era un carabiniere. Prestava servizio a Cagliari, dove ha conosciuto mia madre, e dove siamo nati io e i miei fratelli».
– Quindi a Nocera sei arrivata “al seguito” di papà carabiniere?
«Siamo arrivati a Nocera perché mio padre ha voluto avvicinarsi alla sua famiglia, e fu assegnato a Baronissi. Prima di arrivare qui abbiamo fatto una tappa di sette anni in Calabria, a Corigliano Calabro. A Nocera son giunta che avevo 11 anni. Ricordo che era estate, e che ancora si poteva giocare in strada senza pensieri, anche se il mio papà non era tanto permissivo. Ricordo certamente le prime chiacchierate da balcone a balcone, e la spensieratezza di quegli anni. Ovvio, ci accontentavamo di poco».
– Che scuole hai frequentato?
«Ho praticamente iniziato le medie alla ex “Dante Alighieri”, per poi proseguire gli studi all’istituto Magistrale, come mi chiese mio padre, anche se io avrei voluto proseguire i miei studi al liceo linguistico. La mia adolescenza l’ho vissuta in via Siciliano, nel condominio parco del sole (sopra il bar Civale). Avevo anche un fidanzatino ai tempi delle medie, e quando a volte riuscivo a parlare con lui e se mi vedeva mio padre, calci nel sedere e via a casa – ricorda divertita Lucia – Ho vissuto quindi la nascita di Radio Studio 56, dei fratelli Civale. Nell’82 viene a mancare mio padre, stroncato da un brutto male, e da quel momento tutto è cambiato. E’ stata un’età difficile, l’adolescenza. Diplomata nell’84 ho poi frequentato per un paio di anni il magistero a Napoli, perché il magistrale non ti permetteva di intraprendere un percorso diverso. Ma non era quello che volevo… A me sarebbe piaciuto frequentare l’Orientale».
– Poi sei riuscita a cambiare indirizzo di studi?
«No, non ho mai terminato gli studi universitari. Ho lavoricchiato come baby sitter, impartivo lezioni private a bambini delle scuole elementari, e nel frattempo tanti concorsi. Avevo, dopo il diploma, inviato in tutte le città d’Italia la domanda come trimestrale alle poste. Nel ’91 mi arrivò la chiamata da Milano: mia madre non mi ostacolò e sono partita. Da sola e senza un punto di riferimento. Insomma alla fine ci sono rimasta. Dopo i tre mesi delle poste ho avuto una lunga esperienza come addetta alla digitazione presso Class editori (e lì ho imparato ad usare il Pc)».
– Quando la svolta nella tua vita?
«Fu durante la permanenza a Class: ricevetti una chiamata dall’ufficio di collocamento di Milano, che mi proponeva una sostituzione di maternità presso una casa di riposo gestita dal comune. Lì ho dovuto fare una scelta: continuare con la libera professione presso Class o tentare. E memore dell’adagio chi non risica non rosica …»
– Ti è andata bene?
«Ho tentato, e alla fine dopo i sei mesi mi si è aperta una possibilità di lavoro. Ho studiato, ho conseguito un attestato che mi permettesse di lavorare nel campo, e da allora lavoro presso una casa di riposo in provincia di Milano. Ma devo dire una cosa che mi porto dentro – ci dice Lucia con un tono un po’ mogio – benché io abbia uno spirito di adattamento forte, con il nord non c’entro nulla. Con il passare degli anni mi sono accorta dell’abissale differenza tra nord e sud: quì ho tanti amici, ma non sono come noi. Noi per gli amici ci facciamo in quattro. Quì – aggiunge amareggiata – non è così: guardano ai loro interessi, e se pure dividi anche il sonno con loro, se possono ti pugnalano, ti distruggono. Noi non siamo così … io non sono così. A mio figlio sto insegnando l’amicizia come la intendiamo noi: i suoi amici vengono a mangiare, dormono, ma mai, e dico mai, che qualche loro genitore abbia ricambiato»
– Lasciamo per un attimo da parte le cose meno belle: di gruppi come quello che hai fondato ce ne sono tantissimi su FB, ma questo tuo è davvero particolare, perché fondato da una “nocerina di importazione”. Come ti è venuta l’idea?
«Circa un mese fa un’amica del posto mi inserita in un gruppo su Fb: “Se sei di Cassano non puoi non ricordare”. Non ho accettato di entrarvi, anche perché non ho vissuto qui l’adolescenza. Ma, in compenso, mi è venuta l’idea di crearne uno per Nocera. Debbo dirlo: il mio voleva essere un gioco solo per gli amici che avevo in Facebook che sono di Nocera.. Non avrei mai immaginato – ci dice con un ampio sorriso – questo successo!»
– Dammi le sensazioni che hai provato quando hai visto il numero di iscritti e i post moltiplicarsi così tanto …
«La prima?…Mamma mia che ho combinato!!! – risponde ridendo di gusto – Ma, fammi aggiungere che questo gruppo è molto impegnativo».
– In che senso?
«Ho dovuto rimuovere post offensivi e accanimenti vari. Devo fare da moderatore. Controllo quasi tutti i messaggi, e per fortuna che qualcuno ha colto il mio spirito e mi segnala quello che potrebbe non andare per contenuti e correttezza verso altri. Qualcuno ha provato a usare il gruppo per farsi pubblicità, ed ovviamente l’ho eliminato subito. Il bello di questa iniziativa è che si sono ritrovate molte persone che non si vedevano da anni. Io stessa li ho ritrovati. Questo è il buono della tecnologia: ci permette di mantenere i rapporti con le persone, nonostante la lontananza».