La celebrazione della giornata della memoria, in un clima di antiebraismo strisciante, rischia di diventare solo una sorta di ricorrenza

 

 

di Manlio Torquato

In questa ennesima “giornata della memoria”, c’è qualcosa che non torna, che inizia a non convincere. E’ il rischio che il ricordo dello sterminio antiebraico in Europa durante la seconda guerra mondiale (nella Germania nazista, ma anche nella Russia comunista), perda di significato, sterilizzato e congelato, come appare, in un cliché, in decine e decine di pellicole cinematografiche, di racconti, di celebrazioni ufficiali. Una “ricorrenza”, insomma, non una memoria vera. La ricorrenza è rito, ripetizione stanca e dovuta, ma non sentita, estenuata, di una consuetudine. La memoria invece rende consapevole il ricordo, lo attualizza. Dico questo perché mal si concilia con la rievocazione della Shoha, quel clima di antiebraismo strisciante, se non manifesto, che ancora attraversa l’Europa, la nostra cultura, le nostre università. Ancora oggi in tanti, in troppi, suscita malcelata condivisione, o esplicita approvazione la criminalizzazione dello stato ebraico, della sua politica (anche dura) di sopravvivenza, l’incendio delle bandiere israeliane in pubblica piazza anche nelle capitali europee, l’aberrante paragone tra il muro di Berlino (simbolo d’oppressione) e quello di Gerusalemme realizzato per far fronte al ripetersi di attentati e vittime, o l’esultanza (chi non ricorda la piazza mediatica di Santoro su Rai3, anni fa?) per i missili lanciati contro inermi città israeliane poste lungo il confine con la Palestina. Fino al riprovevole rifiuto del Parlamento Europeo – settimane fa – di commemorare ufficialmente, per qualche minuto, la morte di Ariel Sharon, padre dello stato ebraico, difensore sì spietato delle ragioni di Israele, ma non più di quanto non lo sia stato (armi in pugno) Arafat della sua Palestina. C’è qualcosa che non va, allora, in questo eterno ritorno dell’identico che ci fa ancora, noi europei, pervasi da una cultura antiebraica, rossa o nera non importa, rendendoci giudici sommari e somari, gonfi d’ostilità, tanto da considerare ogni israeliano un oppressore e ogni anti israeliano un difensore della libertà. Dimenticando che oggi ricordare la Shoà è innanzi tutto rispettare e comprendere (senza per questo assolvere a prescindere) il diritto ad esistere di Israele, degli ebrei ad avere un loro libero stato, a godere della loro libertà.

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