L’artista torinese a “Linee contemporanee”. Sarà presentata dal critico d’arte Erminia Pellecchia
Nello show room di Linee Contemporanee a Salerno la Fornace Falcone presenta,
a partire da venerdì 24 gennaio alle ore 18,00, e fino al 15 febbraio 2014, la monografica dell’artista Clara Garesio dal titolo “Approdi desiderati“.
Si tratta di una serie di installazioni, rilievi, vasi presentati dalla giornalista e critico Erminia Pellecchia.
L’artista nasce a Torino nel 1938 e frequenta la Civica Scuola di Arte Ceramica per poi proseguire gli studi a Faenza diplomandosi presso l’I.S.A. della Ceramica. Attualmente e fin da allora insegna arte tenendo corsi speciali di ceramica. La sua è stata una costante sperimentazione artistica nel campo ceramico che l’ha condotta a creare pezzi per collezioni private e pubbliche italiane ed estere (tra l’altro, palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra, palazzo EEAS-Commissione Europea di Bruxelles, MIAAO di Torino, MIC di Faenza, Museo Artistico Industriale Manuel Cargaleiro di Vietri sul Mare, Museu da Marioneta di Lisbona, Museo della Ceramica di Castellamonte, Raccolta Internazionale d’Arte Ceramica Contemporanea di Castelli, MISA di Faenza, Museo Epicentro di Gala di Barcellona, Raccolta Boiron di Segrate).
Ha partecipato a rassegne e collettiva d’arte ma ha anche allestito monografiche in vari spazi espositivi italiani.
Già nel 1956 vince il primo premio al XIV concorso Nazionale della ceramica di Faenza, nel 2005 il primo premio Internazionale Terra di Piemonte sezione Arte Ceramica, nel 2006 il Premio alla Carriera del Museo Artistico Industriale Manuel Cargaleiro di Vietri sul Mare.
Afferma la curatrice della esposizione Erminia Pellecchia: «Già, è da Vietri sul Mare e dal premio internazionale “Viaggio attraverso la ceramica” che parte, o meglio riparte, la storia artistica dell’artista torinese che per amore di un napoletano, lo scultore Giuseppe Pirozzi, abbandonò – erano i primi anni Sessanta – tornio, smalti e pennelli, proprio quando stava assaporando i primi successi con le sue avanguardistiche creazioni astratte. E’ lei stessa a raccontarlo nella fascinosa casa laboratorio dei Colli Aminei, un piccolo studio che condivide con la figlia Francesca, la cucina con annesso il forno per cuocere l’argilla, così come si usava nelle vecchie abitazioni-botteghe vietresi, il tavolo accarezzato dal sole dove pazientemente elabora le sue sorprendenti composizioni-scomposizioni, il salotto museo, una sorta di stanza delle meraviglie dove, accanto ad una miriade di oggetti, occhieggiano le sue opere eleganti e raffinate, echi di un’arte antichissima ringiovanita dal soffio della contemporaneità. Pensiero e sentimento: è questa la cifra del lavoro di Clara Garesio, ceramista per sua stessa definizione, “artiere”, ovvero artigiana-artista, secondo Enzo Biffi Gentili che, nel 2006, ha scoperto e messo in luce questa bravissima poetessa delle mani. Dare una definizione al “fare” della Garesio è per fortuna impossibile, giacché si muove al di là di stereotipi o mode. Si abbandona a un impulso, spinta dal bisogno di comunicare il proprio sentire, ora e subito, lo affida all’incertezza del fuoco, come in stato di trance traccia i segni in un gioco ardito di geometrie e figure scandite dall’ebbrezza di cromie deflagranti, aspetta con ansia e stupore il risultato, “perché – dice – ogni pezzo rappresenta la sfida tra la mia idea e la materia che utilizzo, e talvolta perderla è altrettanto meraviglioso”. Ed ecco i vasi dalle forme slanciate, le architetture oniriche, le formelle traforate, i piatti, i tondi, le sfere traslucide, le terrecotte dai rilievi svettanti, le installazioni archetipiche e le tegole accese da rossi, azzurri, verdi e gialli in armonioso contrasto in cui la dimensione plastica, unita al cromatismo dinamico degli smalti, si traduce nel racconto di un’esistenza appartata che si fa sguardo sul mondo. L’icona sono gli occhi spalancati sull’eternità e le mani che si protendono oltre il tempo e lo spazio fino a toccare l’infinito. Approdi desiderati, geografie alla deriva verso isole felici. Ma il simbolo, per eccellenza, la firma riconoscibile della Garesio, è il mandala, il cerchio magico, la caducità e la rinascita, la forza distruttrice che diventa fonte di vita.
Talento, ricerca e disciplina sono alla base dei suoi lavori bizzarri e sgargianti, scrive Elda Oreto di questa signora della ceramica umile e discreta. Ma a guidare le sue agili dita ed il suo ingegno giovanilmente fresco e audace è soprattutto la passione per un materiale che le permette di manifestare l’universo di emozioni che racchiude nel suo animo. Segni e colori in fuga libera».
Gabriella Taddeo