Divinità o alieni? Un’attenta lettura delle tradizioni ebraiche svela la presenza di precisi riferimenti a possibili contatti spaziali nell’antichità mediorientale.

 

 

 

di Alfredo Lissoni

 

 

In un precedente articolo sugli UFO files islamici abbiamo sottolineato come il fenomeno dei “dischi volanti” fosse presente in Medio Oriente sin dai tempi più remoti, con modalità analoghe a quelle della casistica occidentale (il che dimostra come gli UFO non siano solo un mito). Lo stesso accade peraltro con i “jewish UFO files”, i “files UFO” ebraici dell’antichità, ovvero in tutti quegli scritti apocrifi, ortodossi o didascalici della tradizione rabbinica.

 

In essi si parla dei “se’irim”, i satiri irsuti e caprini che ricordano molto il chupacabras, e degli “accoliti di Lilith” che penetravano nottetempo nelle stanze da letto per sottoporre, come i moderni Grigi, gli ignari dormienti a pratiche sessuali; e troviamo gi “‘ofannim”, angeli “in forma di ruota” che scortavano il “carro celeste” (merkavhah) di Dio, che corrispondono agli dèi civilizzatori Oannes venerati da fenici, siriani, aramei ed amorrei; ed i “bene-Elohim” ed i “Nephilim” (i giganti), che nella notte dei tempi si unirono carnalmente con “le donne della Terra”; i “figli dei dèi”, nati cioè dalle unioni tra terrestri e “celesti”, che avevano la particolarità di avere il volto splendente, i capelli bianchi e gli occhi lampeggianti (come il Noè della tradizione ebraica) o il volto completamente verde come la bella Esther, secondo il testo Megilla o Talmud babilonese.

IL COSMO ABITATO DAI RABBINI
Il primo dato che emerge da un’approfondita lettura dei testi della tradizione ebraica (Torah, Talmud Jerushalmi, Capitoli dei Padri o Pirqè Avot, Mishnah, Tosefta’, Midrash, Haggadah o Leggende degli ebrei) è che le iniziali credenze cosmologiche fossero assai diverse dalla più tarda visione antropocentrica del mondo (con un Dio Unico per un’umanità unica nell’universo).
“Migliaia di mondi ha creato il Signore in principio – riferiscono le “Saghe ebraiche delle Origini” nella traduzione del 1913 di Bin Gorion – poi Dio ne creò di nuovo altri, e sono tutti insignificanti al suo cospetto. Il Signore creò altri mondi e li distrusse, seminò piante e le divelse, perché erano ancora confuse e si contrastavano a vicenda. E continuò a creare e a distruggere mondi, finché non creò il nostro.”
Ventisette sono gli universi descritti nel “Manoscritto copto” conservato presso la collezione Borgia di Napoli attribuito all’ebreo Simon Mago e che, rifacendosi palesemente alla tradizione rabbinica, riferisce: “Quando il Padre ebbe finito di creare i dodici universi che nessun angelo conosceva, creò allora sette altri universi. Oltre quei sette, ne creò altri cinque; poi, all’esterno di quei cinque, ne creò ancora tre. Questi ventisette universi sono tutti al di là del Cielo e di questa Terra”.
Sette sono invece i mondi secondo i libri della “Qabbalah” (1200 d.C.), contenenti la conoscenza esoterica rabbinica; mondi descritti in maniera simbolica e a volte apparentemente infantile, ma con il chiaro intento di fornire elementi sull’abitabilità degli altri pianeti. Uno di essi, il “mondo di Geh”, è abitato da piantatori di alberi che però “non conoscono grano né alcuna specie di cereali. Il loro mondo è ombroso e vi sono molti grandi animali”. Gli abitanti di Nesiah “sono poco sviluppati ed hanno al posto del naso solo due buchi in testa, per mezzo dei quali respirano. Sono di memoria corta e spesso non sanno perché abbiano cominciato un lavoro. Sul loro mondo splende un sole rosso. Gli abitanti del mondo Tziah non sono costretti a mangiare ciò che altri esseri mangiano. Cercano sempre vene d’acqua; sono affascinanti d’aspetto, e hanno più fede di tutti gli altri. Sono dotati di grandi ricchezze e hanno molte belle costruzioni. Il terreno è asciutto e vi splendono due Soli. Gli abitanti del mondo di Thebel traggono ogni nutrimento dall’acqua. Essi sono superiori a tutti gli altri esseri e il loro mondo è diviso in regioni nelle quali gli abitanti sono suddivisi in base al colore e ai volti. Essi hanno la capacità di fare rivivere i loro morti. Il loro mondo è molto lontano dal Sole. Gli abitanti del mondo di Erez sono discendenti di Adamo. Anche gli abitanti di Adamah sono i discendenti di Adamo, perché Adamo si lamentava della desolazione di Erez. Essi coltivano la terra e mangiano piante, animali e pane. Essi sono per lo più tristi e si combattono spesso. Questo mondo conosce la suddivisione in giorni e può scorgere le costellazioni. Prima furono spesso visitati dagli abitanti del mondo di Thebel, ma i visitatori persero la memoria ad Adamah e non seppero più da dove venivano. Gli abitanti del mondo di Arqa seminano e raccolgono. I loro volti sono differenti dai nostri. Essi visitano tutti i mondi e parlano tutte le lingue”.
Di questi ultimi si parla anche nel “Sepher ha-zohar”, il “Libro dello Splendore” del rabbino Shim’on barJochai (130-170 d.C.) dove viene addirittura riferito del dialogo tra il rabbino Yosseph ed un sopravvissuto dal misterioso mondo di Arqa (“Hurqalya” presso i musulmani, che con tale termine indicavano un universo paradimensionale affine al nostro).
Secondo l’antica cronaca sapienziale, dopo una grande catastrofe verificatasi sulla Terra, una distruzione “ad opera del fuoco” (una pioggia di meteoriti?), il rabbino Yotica “aveva visitato tutti i mondi che esistono”: i sette pianeti della Cabala. Di questi mondi abitati solo la gente di Arqa “aveva mandato messaggi sugli altri”, era stata cioè in grado, all’epoca, di viaggiare nello spazio. Questi erano insomma come gli extraterrestri veri e propri, i “piloti dei dischi volanti” della fenomenologia UFO.

CONOSCENZE PERDUTE
Nelle “Saghe ebraiche delle origini” è detto che Noè apprese tramite un libro donatogli dall’arcangelo Raffaele “tutte le vie per comprendere i pianeti, e le vie di Aldebaran, Orione e Sirio” (tre nomi, questi, spesso associati dalla moderna ufologia a possibili “patrie” di provenienza di extraterrestri; quanto ad Aldebaran, i Sumeri credevano che da lì provenisse il dio Anu, creatore degli Anunnaki). Dal libro dell’angelo, Noè apprese i nomi di ogni singolo Cielo e quali sono i nomi dei Servitori Celesti. Questo libro di antichissima astronomia sarebbe stato passato, di mano in mano e secondo la leggenda, alle varie stirpi ebraiche, da Abramo sino a Salomone.
Lo stesso era avvenuto, secondo “Le antiche leggende degli ebrei”, con Adamo. Durante la sua permanenza nell’Eden “un angelo scese e lo istruì. Scrisse per lui un libro su ciò che doveva e non doveva fare. Gli mostrò com’erano disposti i pianeti e lo condusse in giro per il mondo…”
Ben altre conoscenze sarebbero poi nascoste nei testi “Zohar”, secondo un articolo pubblicato sul prestigioso “New Scientist” nel 1976 dal glottologo George Sassoon e dal biologo Rodney Dale, inglesi. Studiando un testo ebraico intitolato Hadrazuta Odisha (“La piccola santa glorificazione”), che descriveva il miracolo della manna, prodotta per mano dell’Altisimo, i due giunsero alla conclusione che l’epiteto divino fosse un errore di traduzione (o di interpretazione); l’Altissimo altro non era che una macchina, tecnologica e sofisticata, in grado di produrre la manna (“pane” nel Pentateuco; una “coltura di alghe” per Sassoon e Dale). Appoggiandosi al progettista tecnico Martin Riches e seguendo le indicazioni del testo ebraico ne ricostruiscono la forma, giungendo alla conclusione che si trattava di una macchina portata sulla Terra da alieni tremila anni fa (ed in seguito occultata, secondo il profeta Samuele – 1 Sam. 4,3 – nella città di Silo).
“Macchine come questa dovrebbero essere in dotazione sulle astronavi, giacché servono ad un duplice scopo, producendo l’ossigeno indispensabile alla respirazione ed il cibo. Una abbastanza simile è stata costruita dai sovietici per la Saljut”. Le sconvolgenti conclusioni cui giunsero i due scienziati avrebbero dovuto, di regola, mettere in subbuglio gli ambienti accademici. Ma poiché l’articolo uscì sulla rivista il 1 aprile 1976, la scienza ufficiale pensò ad una burla e la storia non ebbe più un seguito; né glielo si volle dare, in barba alle conferenze tenute dai due sull’argomento ed all’uscita di due libri ben documentati, “The Lord of the Manna” e “The Manna Machine”, nel quale gli studiosi ribadivano l’eccezionalità della scoperta e la sua veridicità.

I CARRI DEGLI DEI
Esistono poi i vangeli apocrifi di origine ebraica ripresi in parte anche dai primi cristiani, che presentano spunti ufologici, presumibilmente posteriori ed inseriti in un contesto mitico-religioso. Come il trentatreesimo capitolo dell'”Apocalisse di Mosè”, nel quale si racconta del “carro di luce, guidato da quattro aquile splendenti” apparso a Eva.”Nessun essere umano avrebbe potuto descriverne lo splendore”, afferma lo pseudo Mosè, aggiungendo che dalle ruote del carro, avvicinatosi nel frattempo ad Adamo, “era uscito del fumo”.
E nell'”L’Apocrifo di Abramo” (18, 11-12), che chiaramente ricalca la biblica visione di Ezechiele nel deserto, si parla di esseri celesti “dietro ai quali era un carro che aveva ruote di fuoco; e ogni ruota era tutt’intorno piena di occhi e sulle ruote v’era un trono; e questo era coperto da fuoco che scorreva tutt’intorno”.
La storia è confermata anche dal successivo apocrifo “La vita di Adamo ed Eva” del 730 d.C., dove si precisa che a bordo del carro celeste era assiso nientemeno che Dio in persona.
Dei “carri celesti” era però proibito parlare ai tempi del Talmud. Le considerazioni sulla struttura dell’universo erano chiamate “ma’asse merkavhah”, “ciò che riguardava il carro”, perché pertinenti al carro divino descritto dal profeta Ezechiele. I farisei consideravano pericolosi questi studi a seguito di una serie di leggende circa incidenti e morti misteriose fra gli studiosi che avevano cercato di capire cosa fossero in realtà i carri celesti: dal rabbino Ben Azzay, deceduto all’improvviso, a Ben Zoma, impazzito, sino ad Esisha ben Abuya, divenuto eretico (e dunque dannato); soltanto il rabbino Akiba, noto per la sua “circospezione”, riuscì a studiare i carri celesti restando in vita. Ma cosa scoprì, non ci è dato di saperlo.
Che i resoconti sui carri celesti non siano semplici leggende è dimostrabile. Le apparizioni UFO sui cieli di Israele sono documentate, anche da fonti indipendenti, sin dall’antichità.
Lo storico Flavio Giuseppe (37-95 d.C.), nella “Guerra Giudaica”, segnala la comparsa di una stella simile ad una spada, immobile sopra Gerusalemme nell’anno 65 a.C., ed una strana luce nel Tempio. Più tardi, al tramonto, vennero visti in Cielo dei soldati in armatura muoversi tra le nubi; l’insolito “miraggio” ne ricorda uno analogo del 167 a.C., durante la ribellione guidata da Giuda Maccabeo. Cinque soldati con armature dorate apparvero nel Cielo, secondo le fonti latine.

E L’UFO DI ABRAMO
Un UFO sarebbe apparso in occasione della nascita di Abramo.
Riporta la tradizione ebraica: “Abramo nacque a Ur nel mese di tishri, intorno all’anno 1948 dopo la creazione. La notte in cui Abramo vide la luce, gli amici di suo padre Tare stavano banchettando. In quel momento essi videro una stella straordinaria nella parte orientale del Cielo; sembrava correre per divorare altre quattro stelle dirette ai quattro alti del firmamento. Tutti me rimasero meravigliati”.
Non meno inquietante l'”Apocalisse di Abramo” del secondo secolo d.C., in cui viene così descritto l’improvviso rapimento al Cielo del patriarca ad opera di uno “straniero” misterioso: “Avvenne all’ora del tramonto. C’era fumo, fumo come quello che esce da una stufa. Mi condusse fino al limite delle fiamme. Quindi salimmo, come trasportati da molti venti, verso il Cielo, che là pareva poggiare sopra il firmamento. Nell’aria, dall’altezza che avevamo raggiunto, vidi una luce fortissima, impossibile da descrivere, e nella luce un fuoco violento e all’interno una schiera di figure poderose, che gridavano parole ch’io non avevo mai udito” (sembra proprio la moderna descrizione dell’incontro ravvicinato con i piloti di un disco volante). Della strana macchina volante Abramo commentava: “A volte se ne stava dritta, a volte si rigirava, capovolgendosi”.
Dunque roteava su se stessa?
Non meno curiosa la storia presente nel “Resto delle parole di Baruc”, un profeta amico di Geremia, vissuto nel 604 a.C. che racconta dell’improvviso “sonno con vertigini” dell’amico Abimelec, che si risveglia nella città di Gerusalemme… sessantasei anni dopo. La città è cambiata, le persone pure; solo Abimelec è rimasto tale e quale, come se per lui il tempo si fosse contratto, nelle brevi ore in cui era stato privo di coscienza. Proprio come se avesse viaggiato nello spazio seguendo le leggi del paradosso temporale di Einstein!

IL VIAGGIO DI ENOCH
La vicenda più curiosa è però quella che riguarda il profeta ebraico Enoch, un patriarca descritto nel libro della Genesi che, ad un certo momento, “non fu più veduto perché Iddio lo prese in Cielo”. Enoch lascia intendere che esistano due categorie di angeli detti Veglianti (o Vigilanti): i “buoni”, cioè gli angeli rimasti fedeli al Signore; e i “cattivi”, i già citati Annunaki, identificati negli “angeli caduti”. Compito dei vigilanti sarebbe, lo dice il nome, vigilare sull’umanità, per tutto l’universo.
I primi, esseri di luce superiori all’uomo per natura e per saggezza, sono chiamati Cherubini, Serafini e “Osannini”; essi sono soliti fornire messaggi agli umani portandoli momentaneamente in Cielo o, come precisa Enoch, “penetrando nelle loro camere da letto” (il paragone con i rapiti UFO è immediato). Quanto ai veglianti o Vigilanti caduti, essi sono una razza che il profeta definisce “un tempo santi, puri spiriti, viventi di vita eterna, contaminatisi con il sangue delle donne”; essi sono i “padri di una stirpe di giganti, esseri perversi chiamati spiriti maligni, sterminati dal Diluvio”.
Anche i Vigilanti ricordano una particolare tipologia aliena. Il nome con cui si presentano ai rapiti è identico a quello usato oggidì dai Grigi: “Watchers”, Vigilanti.
Mentre i primi riportano alla mente gli alieni detti “Nordici” (alti e biondi e spirituali, cari ai contattisti), i secondi rammentano i violenti e maldestri intrusi delle camere da letto.
Secondo lo scrittore Erich von Däniken, “il profeta Enoch parlò di 200 Guardiani del Cielo? Scesi sul pianeta, i cui rampolli si contesero la Terra, dando vita a conflitti per conquistare territori; si verificò una chiusura a riccio di ciascuno nel proprio regno e sorsero le fortificazioni. Furono i divini rampolli a progettare i palazzi e le residenze; i lavori pesanti invece gravarono sui sudditi, spronati e soggiogati da dimostrazioni di forza che, agli umani esseri, parvero sovrannaturali. In cambio del faticoso lavoro compiuto, gli dèi si offrirono di aiutarli in caso di guerra”. Fu veramente così?
Il collegamento con l’ufologia è tutt’altro che forzato; nel testo apocrifo noto come “Libro di Enoch”, di cui si possiedono tre versioni (in ebraico, etiope e slavo) diversi ufologi hanno visto nel racconto di un viaggio nel Cielo del patriarca una vera e propria esperienza di rapimento UFO.
A bordo di una strana macchina volante guidata da un gruppo di Veglianti “buoni” (da non confondersi cioè con gli “angeli caduti”), Enoch visita altri mondi; ma soprattutto apprende da un gruppo di angeli con scafandro (“dai volti di cristallo”) che molti Veglianti, all’alba dell’umanità, si sono corrotti innamorandosi di donne della Terra, con le quali si erano anche uniti carnalmente. Ancora, Enoch viene messo a parte di molti segreti “spaziali”: l’ordinamento del cosmo e del creato, la composizione delle schiere angeliche, la struttura dell’universo che, a detta degli alieni, “è abitato e ricco di pianeti e sorvegliato da angeli detti Veglianti”.
“Stavo benedicendo il Signore – racconta Enoch nella versione etiope del suo libro (II-I secolo a.C.) – quando gli angeli mi chiamarono e mi presero. E mi portarono in un mondo i cui abitanti erano come fuoco fiammeggiante e, quando lo desideravano, apparivano come uomini. Una visione mi apparve e nubi mi avvolsero e persi conoscenze. E divenni sempre più veloce, come una stella cadente e come i fulmini. E nella visione un vento impetuoso mi sollevò e mi portò in Cielo. Io vidi l’aria, l’etere ancora più in alto. E mi portarono nel primo Cielo, e mi indicarono un mare più grande del mare della Terra. E i venti, nella visione, mi facevano volare e mi portarono su, sino a un muro di cristallo, circondato da lingue di fuoco. Ciò cominciò ad incutermi spavento. Io entrai nelle lingue di fuoco e mi avvicinai alla Grande Casa che era costruita di cristallo. E le pareti di quella casa erano come mosaico di una tavola pittorica in pezzetti di cristallo; e il pavimento era di cristallo. li soffitto era come il corso delle stelle e dei fulmini e in mezzo a loro, cherubini di fuoco; e il loro Cielo era acqua. E vi era fuoco che bruciava intorno alle pareti e le porte ardevano per il fuoco. E io vidi un’altra cosa, costruita con lingue di fuoco. Il pavimento era di fuoco e su di esso, il fulmine. lo guardai e, all’interno, vidi un alto trono. E io vidi i Figli dei Santi camminare sul fuoco ardente; i loro abiti erano bianchi e i loro volti trasparenti come cristallo.”
I “Figli dei Santi” (con questo termine Enoch indica gli angeli che non si sono corrotti e che sono rimasti fedeli a Dio) sono organizzati militarmente, come degli astronauti. Lo dichiara il patriarca in un altro libro, la raccolta “Libri segreti di Enoch”: “Mi fecero vedere i Capitani e i Capi degli Ordini delle Stelle. Mi indicarono duecento angeli che hanno autorità sulle stelle e sui servizi del Cielo; essi volano con le loro ali e vanno intorno ai pianeti. Mi mostrarono le stelle del Cielo. Vidi come venivano pesate a seconda della loro luminosità, della loro lontananza nello spazio e del giorno della loro comparsa.” Quest’ultimo elemento è sconcertante. Studiosi di archeologia misteriosa come i già citati Erich von Däniken e Ulrich Dopatka hanno sottolineato come gli antichi astronauti cartografassero l’universo utilizzando lo stesso sistema in uso nella nostra moderna astronomia; suddividendo cioè le stelle in base allo spettro, alla luminosità, alla distanza e all’elevazione.
A bordo della macchina volante Enoch apprende direttamente dal capo degli angeli, il “Signore che sedeva su un grosso trono”, dell’esistenza di un conflitto tra i “Figli dei Santi” e alcuni Veglianti caduti, a causa della ribellione di questi ultimi. L’episodio è brevemente accennato anche nella Genesi (6,2) ma in Enoch è descritto molto approfonditamente: “Fra i figli dell’uomo vi erano figlie belle e seducenti. E gli angeli, i figli del Cielo, le videro e le desiderarono e dissero tra loro: Andiamo, scegliamoci delle mogli che ci partoriscano dei figli. E Semyaza, il loro capo, e tutti e duecento scesero, nei giorni di Jared, sulla cima del monte Hermon (al confine fra il Libano e la Siria); tutti presero delle mogli e cominciarono a unirsi a loro e a sollazzarsi con loro. Ed insegnarono loro vezzi ed incanti e a tagliare radici e a conoscere e distinguere le piante. Ed esse vennero fecondate e partorirono grandi giganti, che si volsero contro gli uomini e divorarono l’umanità.”
Rileggendo con occhi moderni l’episodio biblico si ha l’impressione di trovarsi dinanzi ad una razza di colonizzatori, i Veglianti o Vigilanti, che tradiscono l’iniziale obiettivo, presumibilmente la mera osservazione a distanza della Terra, e si mescolano agli uomini offrendo conoscenze e tecnologie per le quali la razza umana è impreparata.
Questa tesi è confermata dal fatto che i Veglianti insegnino agli uomini una forma primitiva di tecnologia, sino ad allora sconosciuta, e l’arte della guerra. “E Azazel – riferisce Enoch – insegnò agli uomini a far spade e pugnali e scudi e corazze e fece loro conoscere i metalli”.
La corruzione dell’umanità sdegnò il Signore, che decise, secondo i testi enochiani, di sterminare sia i Veglianti che i terrestri, con il Diluvio Universale. Esso ebbe ragione anche dei giganti, nati dall’unione degli angeli caduti con le donne della Terra.
Secondo Enoch, nello spazio là fuori vivrebbero diverse tipologie “angeliche”. Oltre ai Vigilanti, caduti perché “non possedevano tutte le conoscenze dell’Universo” e cioè imperfetti, vi sarebbero molte gerarchie. Alcune sono spirituali, quali gli arcangeli, i giusti, gli eletti e i “non dormienti”, che stanno dinanzi a Dio; altre infernali, come i “Grigori” (custodi dell’inferno), i diavoli che hanno rinnegato Dio; altre non meglio identificate, come “gli uomini dalla testa bianca”, frutto dell’unione con i “figli del Signore”. Fra questi ultimi vi sarebbe anche Noè che, nella versione slava del “Libro di Enoch”, si vede costruita dagli angeli – e non dai propri figli – la celebre arca che lo salverà dal Diluvio mandato per distruggere i giganti.
Fra i molti spiccano gli “Osannini”, entità di luce incaricate di indirizzarci spiritualmente, dopo che noi umani abbiamo perso la nostra natura incontaminata a causa del contatto con i Veglianti. Costoro sarebbero gli alieni che hanno accelerato in positivo l’evoluzione della nostra civiltà.

I MILLE MONDI DI DIO
La visione di un Dio creazionista esclusivista sembra avere caratterizzato solo il tardo ebraismo (ed è stata in seguito acquisita dai cristiani); questo perché nei commentari della Torah quali “Le leggende degli ebrei” è scritto testualmente che “quando Dio fece i nostri Cieli e la nostra Terra di oggi furono inoltre plasmati i nuovi Cieli e la nuova Terra (cfr. Isaia, 66,22) e i centonovantaseimila mondi che Dio creò per la sua gloria”; e nella Mishnah (la tradizione orale ebraica) vi è un passo (sfortunatamente ritenuto apocrifo in quanto tarda interpolazione) in cui si dice che “nel tempo a venire Dio concederà ad ogni giusto 310 mondi” (affermazione confermata anche nei commentari “Petirat Mosheh” e nel “Qetoret ha-Saminr”, 340 sono i mondi citati nell'”‘Alfa’ Beta’ de-Rabbi ‘Aqiva”; 390 nel “Derek ‘Eresh” e nel “Targum Yerushalmi”; 18.000 quelli dell'”Avodah Zareh” e del “Seder Rabbah de-Bereshit”), mentre l'”Idra Suta” arriva ad affermare l’esistenza di ben “trecentosessanta miriadi di mondi”. Nel testo “La creazione del mondo” è chiaramente descritta l’esistenza di sette Cieli (il secondo dei quali ospitante i pianeti, il quarto l’angelo Michele, il quinto le schiere angeliche, il sesto l’angelo caduto Metatron, il settimo le anime, i serafini, gli “ofannim” o osannini, le hayyot e gli angeli officianti) e di sette Terre, ciascuna delle quali “separata dalla successiva per mezzo di cinque Strati”. Nella quinta risiedono le anime dei malvagi, sorvegliate dagli angeli della distruzione; nella seconda, chiamata Tevel e considerata “la prima abitata da creature viventi”, vivrebbero “365 specie, tutte affatto diverse da quelle che vivono sulla nostra Terra. Alcune hanno teste d’uomo su corpi di leone, di serpente o di bove; altre hanno corpi umani e teste di uno di questi animali. Inoltre Tevel è abitata da esseri umani con due teste, quattro mani e quattro piedi: tutte le membra raddoppiate ad eccezione del tronco. Questa specie di umanità si distingue per la sua grande rettitudine ed anche in ciò è diversa dalla specie che popola la nostra Terra…”
Sebbene nel XII secolo l’ebraismo abbia subito una profonda revisione grazie al filosofo ebraico (ed aristotelico) Mosè Maimonide, la visione che la casta rabbinica ha continuato ad imporre per secoli è stata quella di un’unica Terra abitata, popolata da uomini al servizio di un unico Dio, unico a sua volta.
Al riguardo va però ricordata l’affermazione di quel Saul persecutore dei cristiani che, da ebreo (pur se poi divenuto cittadino romano con nome di Paolo), ricorda nelle sue “Lettere” che “vi sono molti Dei e molti Signori; ma un solo Dio…”

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