Il luogo simbolo della città capofila dell’Agro nasce sulle ceneri di un convento. Ma qual è il legame con la chiesa di San Bartolomeo?
Quante storie nasconde la facciata finalmente illuminata del Santuario di Santa Maria dei Miracoli di Montalbino? Quel luogo è sacro da secoli, da quando qualcuno pensò di affidare le rinfrescanti acque delle fonti dei «pigni» alla protezione della Madonna della Matrognana.
Lì Giambattista Castaldo, forse dopo essere sfuggito da certi nemici, forse perché stimolato dal fratello Giovan Matteo (futuro vescovo di Pozzuoli), decise di edificare un convento da affidare all’ordine degli olivetani. Quando una frana allontanò i monaci, quei resti abbandonati si trasformarono in santuario. Un indelebile filo sacro lega questi avvenimenti ai riti della settimana santa dei cittadini di Nocera e dell’Agro.
Per addentrarci nei meandri della storia del santuario dobbiamo lasciare la montagna e spostarci a Piedimonte, oltrepassare il pronao della chiesa di San Bartolomeo e arrivare al termine della navata. Giunti dinanzi all’altare, guardiamo a sinistra, sopra l’organo. Lì, una piccola teca conserva la martoriata icona della Madonna della Matrognana che, forse già nel XII secolo, proteggeva le tre fonti (Bocca di mare, Musceo e Fontanelle) che elargivano le proprie acque accanto alla Cappella dei Pigni. Era una sosta obbligata per abbeverare le bestie dei contadini nocerini che si recavano in Costiera per vendere le proprie merci. Perché, oggi, quella piccola icona è in tutt’altra zona della città?
Nell’Ottocento, si riaccese in città il culto verso la Madonna della Matrognana, che cominciò a essere ricordata come Madonna dei Miracoli. Una storia di devozione popolare che va avanti ancora oggi, soprattutto durante l’ottava di Pasqua, grazie ai riti legati alla pasquetta e alla benedizione delle bestie da soma, possibile retaggio della funzione originaria del luogo sacro.